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sabato 30 novembre 2013

Genova attende il V3DAY

    Ci sei o non ci sei?   
          
      Genova 1 Dicembre 2013 In Piazza della Vittoria, sono attese più di 100.000 persone. Ci sarà il più disparato panorama italico, dai giovani senza lavoro alle famiglie che non ce la fanno, dai disoccupati alla gente comune, dai delusi del PD agli orfani del Cavaliere.
      Scherzi a parte, ci sarà la gente comune, quella che crede in un'altra Italia, quella dei cittadini. Il Mov5stelle nato dalla forza del messaggio mediatico di Beppe Grillo e dalla genialità di Gianroberto Casaleggio, oggi primo partito (pardon) primo movimento politico italiano, scende per la terza volta in piazza per il V3Day. Beppe Grillo, che è di Genova e vive i problemi della sua città come cittadino, la indica come punto di partenza della lotta civile politica. Lo ha detto accodandosi alla manifestazione della scorsa settimana contro la privatizzazione di AMT.
    Il programma prevede una scaletta ricca di ospiti che si alterneranno a partire dal mattino. Atteso anche Dario Fo. I concetti sono molto semplici, come dovrebbe essere la politica: obiettivo primario – mandarli tutti a casa , magari con un bel chiaro, VAFFA. Poi si riparte.

IMU: la beffa

              Siamo all'ennesima presa in giro. Giusta o ingiusta non è neanche più questo il punto. Ognuno può credere ciò che vuole. La cosa sconcertante è il modo in cui il governo l'ha rintrodotta. No scusate non l'ha rintrodotta, l'ha abolita.  Se l'aliquota il Comune l'aveva alzata o la innalzerà in questi giorni, allora ci sarà da pagare la differenza. Traduciamo quest'opera d'arte, perché guardate che non è mica facile partorire provvedimenti geniali come questo. Dobbiamo veramente dichiarare che questo governo delle ristrette intese è tra i più competenti in materia di raggiri legislativi. E' il solito modo occulto di ripresentare il conto agli italiani. Non avere il coraggio di dichiarare apertamente i propri intenti, per non perdere consensi e maggioranza di governo, e nel contempo scaricare la responsabilità degli aumenti ai Comuni. Un capolavoro. I sindaci per una volta hanno protestato dichiarando di non essere il bancomat del governo. Questo è un modello, un format utilizzato sempre da questa classe politica che legiferando con il piede di piombo, per mantenere in piedi alleanze e/o coalizioni, o introdurre frasi, articoli o parole per salvaguardare gli interessi di qualcuno, ha creato un caos legislativo unico nel suo genere. Provate a leggere qualsiasi legge partorita negli ultimi vent'anni e vi accorgerete che tra le righe, incomprensibili perché spesso linkate ad altre leggi, vi sono i presupposti che confermano questa teoria.

Privatizzazioni: la parola di troppo

               Dopo le brutte esperienze vissute in Italia e la comprovata propensione del privato a cannibalizzare le nostre aziende pubbliche con la complicità degli amici dei potenti, è cresciuta nell'opinione pubblica la convinzione che sia meglio evitare questo furto incontrollato. A frenare i buoni propositi di chi con la lotta civica cerca di porre fine a questo scempio, non sono i privati ed i loro interessi, ma i nostri amministratori.         Quest'anomalia tutta italiana, che pone il governo nel ruolo di venditore di Beni Pubblici e non di suo amministratore, nonostante provochi un calo dei consensi, grazie a crisi finanziaria e pressioni dell'UE, continua a farci perdere parti di sovranità. Era stato il presidente del consiglio Enrico Letta, in visita a Wall Street a dichiarare che  l'Italia ha i conti in regola e intravede la fine del tunnel. Ma lo diceva agli americani o agli italiani? Beh perché se lo diceva a noi, non c'era bisogno di andare fin là. In realtà le dichiarazioni di Letta potevano essere tradotte cosi -Venite in Italia ad investire, stiamo per lanciare un piano di privatizzazioni, con saldi che vi faranno guadagnare un sacco di soldi - ancora Letta affermava “le privatizzazioni non sono un tabù per il governo”.  A pochi mesi da quelle affermazioni, ecco le prime reazioni locali, con i lavoratori di AMT di Genova, scesi in piazza contro le intenzioni del Comune di privatizzare l'azienda dei trasporti locale. Il colpo di scena quattro giorni giorni dopo l'inizio dell'agitazione, arriva dal Sindaco di Genova, Marco Doria: “chi parla di privatizzazione di AMT dice il falso, non è nelle intenzioni dell'amministrazione...”. ma allora tutta la bagarre a cui abbiamo assistito in questi mesi, dalla prima discussione sulla delibera, con l'ostruzionismo in Comune del M5S e la protesta di comitati e lavoratori da un lato e il Comune dall'altro, era solo un brutto incubo da cui ci siamo  bruscamente risvegliati? Perché la giunta non ha sciolto i dubbi subito, quest'estate? In Italia, si sa, agli scioperi siamo abituati, tanto da non farci quasi più caso, come dire, ci siamo antropologicamente adattati, fa ormai parte del nostro habitat naturale, ma pensate davvero che ci  abitueremo anche a questi raggiri? Privatizzazioni, questa parola cosi in voga negli anni '90 oggi è diventata scomoda, forse anche per questo è meglio dirla quando si va in visita all'estero! Lo sciopero dei lavoratori  di AMT, che si è concluso con una tregua, che potremmo definire armata, visto che i problemi si ripresenteranno nel 2014, ha determinato un innalzamento del livello della lotta per la difesa dei diritti dei lavoratori e dei Beni Comuni dei cittadini. Dopo decenni di deleghe incondizionate, si sta  facendo strada nell'opinione pubblica l'idea che sia finalmente arrivato il momento di pensare alla nostra Nazione non in termini astratti, come se l'Italia non fosse di tutti noi. Se il fronte dei contrari all'accordo è stato rotto  dopo un incontro a porte chiuse tra prefetto e sindacati e una votazione scellerata degna del mercato del pesce (con tutto il rispetto per i pescivendoli), non si può negare che la protesta non ha coinvolto solo i lavoratori di AMT ma tutti i cittadini genovesi. L'atmosfera che si respirava a Genova nei giorni dello sciopero era diversa dal solito, non era caratterizzata dal classico mugugno per l'interruzione del servizio, ma da una sorta di tolleranza, resistenza al disagio e solidarietà. Forse è cominciata a circolare l'idea che difendere i nostri Beni Comuni sia un dovere? In altre parole la consapevolezza che chi difende la Nazione non sono i politici, che invece vogliono svenderla, ci ha spinto a condividere le lotte che una volta chiamavamo operaie? Se si privatizzerà ciò causerà un progressivo aumento dei prezzi e un inesorabile peggioramento dei servizi. No, non è una previsione pessimistica o una frase da usare come slogan politico, è solo una costatazione logica. Ormai dovremmo averlo metabolizzato! Quando a dettare le regole è il profitto,  è cosi che vanno le cose, e questa è una previsione ottimistica. Si perché se le cose andassero male, allora si fa la fine di Telecom, prima smembrata, poi spolpata dai nostri abili manager, ed infine svenduta agli spagnoli. Oppure di Alitalia, e gli esempi potrebbero continuare purtroppo.  Sempre Letta “ci sono state privatizzazioni che si sono rivelate un successo”. Ma di chi? Di chi ha comprato durante i periodi di saldi, forse. Ma poi scusate, come si può definire un successo la perdita di Beni Comuni da parte dei cittadini a favore dei privati! Se svendo una cosa che è mia perché non riesco a far quadrare i conti, è un successo? Con quale diritto poi. Nessuno. Gli amministratori devono fare gli amministratori non i venditori. C'è poi stato un simpatico referendum popolare, che molti giornalisti hanno difficoltà a ricordare, che ha affermato che i servizi pubblici locali non vanno privatizzati. Allora dov'è  la democrazia, dove è finita la volontà popolare dei cittadini italiani? Certo, c'era da aspettarselo, quando si cambiano leggi per raggirarli, i cittadini,  nomi alle tasse, o leggi ad personam, qualsiasi sia la personam, da Berlusconi alle Banche, dalle lobby ai finanziamenti ai partiti o agli editori.  Si è fatto tutto il possibile per creare uno Stato lontano dai cittadini e vicino ai mercati finanziari, in un conflitto di interessi infinito. La pacatezza dei nostri amministratori locali e quella del nostro bel governo delle ristrette intese, sembra ricordare quella dei manager del Monte dei Paschi di Siena all'assemblea degli azionisti, altra vicenda dimenticata dalla stampa di potere, tranquilli, sereni, imperturbabili.  Oppure la tranquillità con cui il  presidente di Telecom annunciava la sua cessione, accusando la politica di non essersi interessata alle sorti dell'azienda. No presidente, la politica ci ha pensato eccome alla Telecom, non si preoccupi. Il nostro Sindaco Marco Doria, non è certo abile come loro, dopo i cinque giorni di protesta si è affrettato a dichiarare che l'azienda non è in vendita, ma bisogna fare qualcosa per salvarla.  Questi signori che stanno svendendo l'Italia, appaiono come persone tranquille, sicure  e responsabili, tanto che qualcuno ci casca pure e pensa che la loro pantomima non sia una recita ben congegnata, ma che le loro azioni siano l'unica cosa da fare per migliorare le nostre vite. Hanno tradito gli italiani che gli hanno creduto, hanno tradito il loro Paese giurando sulla Costituzione. Nessuno di loro ha mai ammesso i propri sbagli, le proprie colpe, e questo dal loro punto di vista è perfino comprensibile. Incomprensibile è che qualcuno possa ancora credergli. E' l'ora di svegliarsi da questo letargo che ci ha allontanato dalla partecipazione civile e dai destini del nostro Paese. Siamo nel bel  mezzo di un cambiamento epocale che inciderà sulle nostre vite e sopratutto su quelle dei nostri figli, non possiamo rimanere inermi mentre pochi uomini incoscienti, continuano a liquidare il nostro Paese come se fosse il loro. Questo è un furto, anticostituzionale. Il referendum del 2011 non può essere dimenticato, perché se cosi fosse non saremmo più in democrazia. Diamo ancora una volta al mondo dimostrazione di quante straordinarie forze rinnovatrici ci siano ancora, nonostante tutto, nel nostro Paese.  Scendiamo in strada al fianco dei lavoratori, diamo il nostro contributo per rimettere l'uomo al centro dell'universo, allontaniamo il profitto dalle logiche di potere, ribadiamo il diritto di applicazione dei referendum, esportiamo questo modello e non le nostre aziende. Quella di Genova è stata una protesta che per il particolare momento che l'Italia sta vivendo può aprire la strada ad un nuovo modo di pensare, decretando la fine della mistificazione della realtà da parte dell'informazione, e il successo di un vero pluralismo, quello fatto dai singoli cittadini che informati, diffondono notizie in rete, in una sorta di TAM TAM mediatico senza precedenti.

domenica 24 novembre 2013

Privatizzazioni: AMT salva fino al 2014 tregua tra Comune e lavoratori

Genova 24-11-13      Dopo 5 giorni di sciopero, la protesta dei lavoratori di AMT si è conclusa Sabato con l'approvazione di un accordo che impegna la Regione a rendere operativa la nuova legge regionale sul trasporto pubblico locale entro il 2014 ed il Comune a versare 4,3 mln,  recuperandone altri 4 dalla riorganizzazione aziendale. Non sono mancati momenti di tensione, critiche ai sindacati e proteste anche per le modalità di voto, ottenuto spostando i lavoratori da un lato all'altro della sala.  L'agitazione era nata dopo l'approvazione della delibera che indicava i destini delle partecipate e  lasciava dubbi sulle intenzioni del Comune di privatizzare l'azienda dei trasporti genovese. I primi segnali di apertura erano arrivati giovedì dal Sindaco Marco Doria, che aveva dichiarato "la privatizzazione dell'azienda non è nelle intenzioni del Comune...ma bisogna sedersi ad un tavolo e discuterne a 360°”. Una busta contenente un proiettile, indirizzata al presidente di AMT è stata intercettata al centro smistamento postale dell'aeroporto. L'assemblea dei lavoratori in una nota aveva fermamente condannato il gesto intimidatorio. La procura su segnalazione della questura intanto ha aperto un fascicolo contro ignoti per interruzione di pubblico servizio e l'autorità garante degli scioperi valuterà l'adozione di sanzioni. In questi giorni in piazza con i lavoratori c'era anche Beppe Grillo che rispondendo ai giornalisti  ha dichiarato “la protesta deve partire da qui, per attraversare tutta Italia”. Per ora AMT è salva almeno per il 2014, ma i problemi strutturali restano.  

martedì 12 novembre 2013

Genova / Dissesto idrogeologico: successo dei Comitati al convegno del Ducale.

              Il tema del dissesto idrogeologico, di primaria urgenza per Genova è trattato dai media solo ed esclusivamente in occasione dei grandi eventi alluvionali e mai, passatemi il termine, ad acque ferme. Ci sono voluti gli esperti per dare risalto sui giornali a questo delicato problema, al centro del convegno “Genova: dal dissesto idrogeologico un'opportunità la città”. Organizzato dal WWF di Genova e dal comitato Amici di ponte Carrega, l'evento ha avuto luogo sabato 9 novembre nella sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale, al quale hanno aderito anche i comitati No Cementificazione Terralba, Protezione Bosco Pelato e Associazione Vivere in collina. Ecco i titoli di questi giorni: Corriere Mercantile - Gli esperti al convegno del Ducale, Nuovi alleati per ponte Carrega, Rosso: “A Firenze nessuno butterebbe giù il ponte delle Carraie”- La repubblica: Stop ai disastri ambientali i cittadini guidano i tecnici, Valbisagno: esperti sul campo con gli abitanti - Corriere Mercantile: Il parere: Renzo Rosso, docente di idrologia al Politecnico di Milano perplesso sul progetto, L'esperto boccia il mini-scolmatore “il lavoro sul Ferreggiano è ininfluente sulla piena del Bisagno.
         I cittadini toccati in prima persona delle tragiche alluvioni, abbandonati da media e istituzioni, si sono da tempo attivati, organizzandosi autonomamente attraverso i comitati, lottando contro i muri di gomma, acquisendo competenze e studiando soluzioni alternative alla follia cementifera del Comune. Ma peggio ancora dell'abbandono, a Genova si è creata, a seguito di questo allontanamento mediatico e politico, nei cittadini meno attivi la convinzione inconscia che le alluvioni siano un argomento circoscritto a pochi episodi isolati e che, come recitava una canzone di Cochi e Renato, “basta avere l'ombrella per ripararsi la testa”. L'affermazione provocatoria non è tanto lontana dalla realtà, se si pensa che in una città così importante come Genova, non si sia fatta una cosa fondamentale: informare sui rischi idrogeologici della città.
       Dagli anni 70 in poi gli interventi per mettere in sicurezza le zone a rischio idrogeologico sono stati pari a zero. Anche quando progetti come lo scolmatore avrebbero potuto in qualche modo mitigare il rischio, sono stati invece oggetto di inchieste per irregolarità e bloccati per oltre vent'anni. Nel frattempo cosa si è fatto? Non la prevenzione attraverso tutti quegli strumenti che si potevano mettere in atto (senza bisogno di grandi finanziamenti statali), come l'allargamento degli alvei e la loro pulizia, la scoperchiatura di tratti di rii e fiumi imbrigliati, la delocalizzazione di infrastrutture pericolose, la de-cementificazione, la riqualificazione urbana, le esercitazioni, la pianificazione dei piani di emergenza, l'educazione ambientale e la diffusione della cultura del rischio. Nè si è mai voluta intraprendere, nelle politiche delle varie amministrazioni che si sono susseguite, una netta rottura con il passato.
       Il professor Menduni apre il suo intervento facendo scorrere una serie di slide che ritraggono in foto i vari politici che hanno governato il nostro paese in questi ultimi vent'anni. Dalla sinistra alla destra senza discontinuità tutti i 16 governi che si sono spartiti il potere in Italia hanno stanziato per il dissesto idrogeologico italiano cifre pari a 3 punti percentuali del PIL e paragonabili alle risorse finanziarie ottenute con il gettito IMU di quest'anno. “Si è speso decine di volte di più per finanziare gli armamenti.” e in conclusione dell'intervento afferma “C'è bisogno di cambiare paradigma, guardando non alla minaccia, ma all'esposizione del territorio”. 
     Il professor Rosso, docente di Idrologia al Politecnico di Milano, aggiunge “La piena del Bisagno non può essere risolta dallo scolmatore del Ferregiano”. Nel suo libro “Bisagno, il fiume nascosto” racconta come nel corso della storia si sia sempre costruito rubando al fiume spazi esondabili. Il professor Rosso conosce bene il fiume, ha vissuto a Genova, ha frequentato la scuola elementare Guglielmo Marconi di Piazza Martinez a San fruttuoso. Il giorno prima, proprio a San fruttuoso, ha incontrato il comitato No cementificazione di Terralba, ed espresso perplessità per le intenzioni del Comune, visto che si tratta di edificare in una zona ad alto rischio idrogeologico. Nel frattempo altri esperti partecipavano a questo workshop sul territorio, nei luoghi presidiati dagli altri comitati: “Protezione Bosco Pelato”, contro la realizzazione di un silos di cinque piani nei pressi di piazza Solari, “Amici di ponte Carrega”, contro l'abbattimento di un ponte storico risalente al 1788, e il comitato “Vivere in collina” a largo Merlo. Ci si è tutti riuniti poi per la proiezione del film documentario “Se io fossi acqua” di M. Bondielli, L. Martella e M. Matera che racconta il dramma della comunità dello spezzino, colpita dall'alluvione del 2011.
    E' importante sottolineare come in questi anni i comitati siano diventati dei veri esperti, districandosi tra leggi e norme, avvocati, processi e ricorsi. Quella dei comitati è una realtà tutta italiana, di cui dobbiamo vantarci, e di cui non ci sarebbe nemmeno bisogno, se non fosse che la politica si è pericolosamente allontanata dai bisogni reali dei cittadini. L'assessore ai lavori pubblici e alle manutenzioni, Crivello, ci ha tenuto a ribadire più volte che la sua amministrazione si è insediata post alluvione del 2011 e che quindi ha trovato sostanzialmente una situazione pregressa, (eppure il suo partito governa questa città da diversi lustri). Il mini-scolmatore secondo Crivello è un'opera necessaria a mettere in sicurezza il Ferreggiano. Ha anche voluto precisare che il M5S ha votato contro quest'opera in municipio e si è astenuto in Comune. Il M5S ha motivato questa difficile e impopolare scelta (altro che populismo) per la mancanza di una definizione precisa dei costi, e per le perplessità che una grande opera come questa comporta, soprattutto senza che questo intervento faccia parte di una serie di azioni e di politiche armoniche che riqualifichino il territorio urbano.
Intraprendere politiche di difesa dal dissesto idrogeologico non conviene: significa investire nel futuro senza averne nessun ritorno in termini di consensi, perché, se tutto funziona il cittadino, non lo vede. Si può chiedere alla giunta di investire perché non succeda niente? Certo che si. Ma come è possibile avere l'intenzione di approvare progetti in aree al alto rischio, come il distretto di trasformazione di Terralba, bocciato dalla Valutazione d'impatto Ambientale Strategico della Regione, o il silos parcheggi di Bosco Pelato, o ancora approvare l'abbattimento di ponte Carrega, e poi partecipare a convegni elogiando il lavoro svolto da questa amministrazione a proposito di dissesto idrogeologico. Evidentemente l'assessore non aveva ascoltato gli interventi dei vari relatori che l'hanno preceduto. Essi infatti hanno manifestato perplessità su questa grande opera, di cui non si conoscono nemmeno i costi finali e su cui anche Legambiente ha espresso forti critiche, legate alla pericolosità di un tratto sotterraneo in pressione di circa 3 chilometri, che attraverserà la città. Le proposte alternative ci sono. L'associazione Vivere in collina ad esempio propone due interventi. La regimentazione delle acque lungo i versanti a monte per ridurre la velocità a valle, e l'allargamento dell'alveo sotterraneo del Ferreggiano. 
        Il convegno rappresenta un importante successo dei comitati nell'affermare le proprie ragioni, supportate da autorevoli pareri e non essere finalmente smentiti da atteggiamenti arroganti e saccenti delle istituzioni. La strada è irta, il percorso difficile ma ora non ci saranno più scuse. Vedremo.


mercoledì 6 novembre 2013

Campagna genovese: agricoltura o villette?

comunicato stampa

Nella settimana di commemorazione delle vittime della terribile alluvione del 2011, la Rete IF denuncia l’assenza di una programmazione urbanistica a tutela del territorio e del bene comune.
Invece di mantenere gli impegni sulla Linea Verde e sullo stop alla cementificazione, il nuovo PUC fà orecchie da mercante e cancella l’agricoltura dallo sviluppo futuro della campagna genovese

Il prossimo 7 novembre dalle ore 14.30 il Tavolo Agricoltura della Rete IF sarà audito dalla Commissione Territorio del Comune di Genova per portare le proprie osservazioni al PUC in fase di approvazione. Il piano urbanistico comunale sembra completamente sordo di fronte alle esigenze di molte parti della popolazione (giovani, famiglie, produttori, consumatori, cittadini)che stanno da tempo chiedendo alla amministrazione comunale di pianificare lo sviluppo del territorio tenendo conto della necessità dipreservare i delicati equilibri ambientali, idrogeologici e produttivi a partire da un rilancio della agricoltura nella campagna genovese quale presidio del territorio.

Il Comune di Genova vuole promuovere l’agricoltura o la costruzione di ennesime villette?
Questa la domanda provocatoria che intitola il Dossier messo a punto dal Tavolo Agricoltura della Rete IF e che sarà presentato in occasione della prossima audizione (http://istruzioniperilfuturo.org/2013/11/05/campagna-genovese-agricoltura-o-villette/). Nel dossier un’approfondita analisi delle criticità del PUC dal punto di vista chi mangia e produce locale (cittadini, contadini, gruppi di acquisto solidale) e perciò si sente coinvolto in agricoltura.
Criticità peraltro segnalate anche dalla Valutazione Ambientale Strategica della Regione Liguria che pur essendo prescrittiva, pare essere del tutto ignorata dalla nostra amministrazione comunale. Perché? Quali interessi si nascondono dietro questa scelta? E quale visione di città promuove questa giunta?

Nel dossier le questioni calde sono affrontate in maniera documentata e rigorosa a sostegno della richiesta di criteri stringenti per ridurre il consumo di suolo, garantire l’accesso alla terra ai giovani, garantire l’accesso al cibo locale di qualità, preservare l’ambiente e la qualità della vita dei genovesi.

Per fare questo occorre, senza alcuna esitazione, promuovere il “rilancio e valorizzazione del territorio agrario produttivo” e mantenere l’impegno a edificare solo sull’esistente, in un’ottica di recupero e riutilizzo delle volumetrie esistenti, anche in stato di dismissione e abbandono.

venerdì 1 novembre 2013

Privatizzazioni: da un cittadino padre di famiglia al primo cittadino di Genova

Caro Sindaco,
perché quando lei parla di privatizzare le aziende pubbliche locali e di svenderle ai privati, non cita mai nella sua dichiarazione la parola “privatizzazioni”? Eppure è di questo che stiamo parlando. Forse perché non è stato ancora coniato un termine per nascondere ai cittadini il vero significato di questa azione di governo? Certo non è un suo compito. A questo penseranno abilmente gli organi istituzionali nazionali, che sono sicuro presto troveranno le giuste parole per mistificare le reali direzioni di governo. In questo si sono sempre dimostrati professionisti; specie quando prendendo decisioni, cambiando virgole, sostituendo termini scomodi, hanno legiferato leggi, che nel loro enunciato nascondono sempre qualcosa.

   La tutela dei poteri forti, delle lobby, talvolta di amici e parenti, non hanno fatto altro che indebolire i diritti e gli spazi democratici dei cittadini. D'altronde, quand'anche la Comunità Europea indica, nella “road map” necessaria all'Italia per uscire dalla crisi, l'urgente bisogno di “revisione del risultato referendario”, cosa c'è da aspettarsi? Il referendum del 2011 ha affermato che non si possono privatizzare i servizi pubblici locali ed è questo che lei con la sua giunta di “sinistra” vuole attuare. Sinistra o meglio dire più  che "sinistra", "mancina", come i tiri che le sue azioni provocheranno ai cittadini. Lei come primo cittadino dovrebbe tutelare i diritti dei suoi cittadini e non attuare politiche sovversive del risultato referendario. E' questo che i miei figli si aspettano da lei, e a cui anche lei se ha figli, dovrebbe pensare se tiene al loro futuro, o li farà emigrare? Faccia un passo indietro, trasformi le S.p.A. in aziende speciali. Questo è ciò che il buon senso imporrebbe, che la maggioranza degli cittadini italiani chiedono, se viviamo ancora in una Repubblica democratica.