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sabato 30 novembre 2013

Privatizzazioni: la parola di troppo

               Dopo le brutte esperienze vissute in Italia e la comprovata propensione del privato a cannibalizzare le nostre aziende pubbliche con la complicità degli amici dei potenti, è cresciuta nell'opinione pubblica la convinzione che sia meglio evitare questo furto incontrollato. A frenare i buoni propositi di chi con la lotta civica cerca di porre fine a questo scempio, non sono i privati ed i loro interessi, ma i nostri amministratori.         Quest'anomalia tutta italiana, che pone il governo nel ruolo di venditore di Beni Pubblici e non di suo amministratore, nonostante provochi un calo dei consensi, grazie a crisi finanziaria e pressioni dell'UE, continua a farci perdere parti di sovranità. Era stato il presidente del consiglio Enrico Letta, in visita a Wall Street a dichiarare che  l'Italia ha i conti in regola e intravede la fine del tunnel. Ma lo diceva agli americani o agli italiani? Beh perché se lo diceva a noi, non c'era bisogno di andare fin là. In realtà le dichiarazioni di Letta potevano essere tradotte cosi -Venite in Italia ad investire, stiamo per lanciare un piano di privatizzazioni, con saldi che vi faranno guadagnare un sacco di soldi - ancora Letta affermava “le privatizzazioni non sono un tabù per il governo”.  A pochi mesi da quelle affermazioni, ecco le prime reazioni locali, con i lavoratori di AMT di Genova, scesi in piazza contro le intenzioni del Comune di privatizzare l'azienda dei trasporti locale. Il colpo di scena quattro giorni giorni dopo l'inizio dell'agitazione, arriva dal Sindaco di Genova, Marco Doria: “chi parla di privatizzazione di AMT dice il falso, non è nelle intenzioni dell'amministrazione...”. ma allora tutta la bagarre a cui abbiamo assistito in questi mesi, dalla prima discussione sulla delibera, con l'ostruzionismo in Comune del M5S e la protesta di comitati e lavoratori da un lato e il Comune dall'altro, era solo un brutto incubo da cui ci siamo  bruscamente risvegliati? Perché la giunta non ha sciolto i dubbi subito, quest'estate? In Italia, si sa, agli scioperi siamo abituati, tanto da non farci quasi più caso, come dire, ci siamo antropologicamente adattati, fa ormai parte del nostro habitat naturale, ma pensate davvero che ci  abitueremo anche a questi raggiri? Privatizzazioni, questa parola cosi in voga negli anni '90 oggi è diventata scomoda, forse anche per questo è meglio dirla quando si va in visita all'estero! Lo sciopero dei lavoratori  di AMT, che si è concluso con una tregua, che potremmo definire armata, visto che i problemi si ripresenteranno nel 2014, ha determinato un innalzamento del livello della lotta per la difesa dei diritti dei lavoratori e dei Beni Comuni dei cittadini. Dopo decenni di deleghe incondizionate, si sta  facendo strada nell'opinione pubblica l'idea che sia finalmente arrivato il momento di pensare alla nostra Nazione non in termini astratti, come se l'Italia non fosse di tutti noi. Se il fronte dei contrari all'accordo è stato rotto  dopo un incontro a porte chiuse tra prefetto e sindacati e una votazione scellerata degna del mercato del pesce (con tutto il rispetto per i pescivendoli), non si può negare che la protesta non ha coinvolto solo i lavoratori di AMT ma tutti i cittadini genovesi. L'atmosfera che si respirava a Genova nei giorni dello sciopero era diversa dal solito, non era caratterizzata dal classico mugugno per l'interruzione del servizio, ma da una sorta di tolleranza, resistenza al disagio e solidarietà. Forse è cominciata a circolare l'idea che difendere i nostri Beni Comuni sia un dovere? In altre parole la consapevolezza che chi difende la Nazione non sono i politici, che invece vogliono svenderla, ci ha spinto a condividere le lotte che una volta chiamavamo operaie? Se si privatizzerà ciò causerà un progressivo aumento dei prezzi e un inesorabile peggioramento dei servizi. No, non è una previsione pessimistica o una frase da usare come slogan politico, è solo una costatazione logica. Ormai dovremmo averlo metabolizzato! Quando a dettare le regole è il profitto,  è cosi che vanno le cose, e questa è una previsione ottimistica. Si perché se le cose andassero male, allora si fa la fine di Telecom, prima smembrata, poi spolpata dai nostri abili manager, ed infine svenduta agli spagnoli. Oppure di Alitalia, e gli esempi potrebbero continuare purtroppo.  Sempre Letta “ci sono state privatizzazioni che si sono rivelate un successo”. Ma di chi? Di chi ha comprato durante i periodi di saldi, forse. Ma poi scusate, come si può definire un successo la perdita di Beni Comuni da parte dei cittadini a favore dei privati! Se svendo una cosa che è mia perché non riesco a far quadrare i conti, è un successo? Con quale diritto poi. Nessuno. Gli amministratori devono fare gli amministratori non i venditori. C'è poi stato un simpatico referendum popolare, che molti giornalisti hanno difficoltà a ricordare, che ha affermato che i servizi pubblici locali non vanno privatizzati. Allora dov'è  la democrazia, dove è finita la volontà popolare dei cittadini italiani? Certo, c'era da aspettarselo, quando si cambiano leggi per raggirarli, i cittadini,  nomi alle tasse, o leggi ad personam, qualsiasi sia la personam, da Berlusconi alle Banche, dalle lobby ai finanziamenti ai partiti o agli editori.  Si è fatto tutto il possibile per creare uno Stato lontano dai cittadini e vicino ai mercati finanziari, in un conflitto di interessi infinito. La pacatezza dei nostri amministratori locali e quella del nostro bel governo delle ristrette intese, sembra ricordare quella dei manager del Monte dei Paschi di Siena all'assemblea degli azionisti, altra vicenda dimenticata dalla stampa di potere, tranquilli, sereni, imperturbabili.  Oppure la tranquillità con cui il  presidente di Telecom annunciava la sua cessione, accusando la politica di non essersi interessata alle sorti dell'azienda. No presidente, la politica ci ha pensato eccome alla Telecom, non si preoccupi. Il nostro Sindaco Marco Doria, non è certo abile come loro, dopo i cinque giorni di protesta si è affrettato a dichiarare che l'azienda non è in vendita, ma bisogna fare qualcosa per salvarla.  Questi signori che stanno svendendo l'Italia, appaiono come persone tranquille, sicure  e responsabili, tanto che qualcuno ci casca pure e pensa che la loro pantomima non sia una recita ben congegnata, ma che le loro azioni siano l'unica cosa da fare per migliorare le nostre vite. Hanno tradito gli italiani che gli hanno creduto, hanno tradito il loro Paese giurando sulla Costituzione. Nessuno di loro ha mai ammesso i propri sbagli, le proprie colpe, e questo dal loro punto di vista è perfino comprensibile. Incomprensibile è che qualcuno possa ancora credergli. E' l'ora di svegliarsi da questo letargo che ci ha allontanato dalla partecipazione civile e dai destini del nostro Paese. Siamo nel bel  mezzo di un cambiamento epocale che inciderà sulle nostre vite e sopratutto su quelle dei nostri figli, non possiamo rimanere inermi mentre pochi uomini incoscienti, continuano a liquidare il nostro Paese come se fosse il loro. Questo è un furto, anticostituzionale. Il referendum del 2011 non può essere dimenticato, perché se cosi fosse non saremmo più in democrazia. Diamo ancora una volta al mondo dimostrazione di quante straordinarie forze rinnovatrici ci siano ancora, nonostante tutto, nel nostro Paese.  Scendiamo in strada al fianco dei lavoratori, diamo il nostro contributo per rimettere l'uomo al centro dell'universo, allontaniamo il profitto dalle logiche di potere, ribadiamo il diritto di applicazione dei referendum, esportiamo questo modello e non le nostre aziende. Quella di Genova è stata una protesta che per il particolare momento che l'Italia sta vivendo può aprire la strada ad un nuovo modo di pensare, decretando la fine della mistificazione della realtà da parte dell'informazione, e il successo di un vero pluralismo, quello fatto dai singoli cittadini che informati, diffondono notizie in rete, in una sorta di TAM TAM mediatico senza precedenti.

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