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martedì 12 novembre 2013

Genova / Dissesto idrogeologico: successo dei Comitati al convegno del Ducale.

              Il tema del dissesto idrogeologico, di primaria urgenza per Genova è trattato dai media solo ed esclusivamente in occasione dei grandi eventi alluvionali e mai, passatemi il termine, ad acque ferme. Ci sono voluti gli esperti per dare risalto sui giornali a questo delicato problema, al centro del convegno “Genova: dal dissesto idrogeologico un'opportunità la città”. Organizzato dal WWF di Genova e dal comitato Amici di ponte Carrega, l'evento ha avuto luogo sabato 9 novembre nella sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale, al quale hanno aderito anche i comitati No Cementificazione Terralba, Protezione Bosco Pelato e Associazione Vivere in collina. Ecco i titoli di questi giorni: Corriere Mercantile - Gli esperti al convegno del Ducale, Nuovi alleati per ponte Carrega, Rosso: “A Firenze nessuno butterebbe giù il ponte delle Carraie”- La repubblica: Stop ai disastri ambientali i cittadini guidano i tecnici, Valbisagno: esperti sul campo con gli abitanti - Corriere Mercantile: Il parere: Renzo Rosso, docente di idrologia al Politecnico di Milano perplesso sul progetto, L'esperto boccia il mini-scolmatore “il lavoro sul Ferreggiano è ininfluente sulla piena del Bisagno.
         I cittadini toccati in prima persona delle tragiche alluvioni, abbandonati da media e istituzioni, si sono da tempo attivati, organizzandosi autonomamente attraverso i comitati, lottando contro i muri di gomma, acquisendo competenze e studiando soluzioni alternative alla follia cementifera del Comune. Ma peggio ancora dell'abbandono, a Genova si è creata, a seguito di questo allontanamento mediatico e politico, nei cittadini meno attivi la convinzione inconscia che le alluvioni siano un argomento circoscritto a pochi episodi isolati e che, come recitava una canzone di Cochi e Renato, “basta avere l'ombrella per ripararsi la testa”. L'affermazione provocatoria non è tanto lontana dalla realtà, se si pensa che in una città così importante come Genova, non si sia fatta una cosa fondamentale: informare sui rischi idrogeologici della città.
       Dagli anni 70 in poi gli interventi per mettere in sicurezza le zone a rischio idrogeologico sono stati pari a zero. Anche quando progetti come lo scolmatore avrebbero potuto in qualche modo mitigare il rischio, sono stati invece oggetto di inchieste per irregolarità e bloccati per oltre vent'anni. Nel frattempo cosa si è fatto? Non la prevenzione attraverso tutti quegli strumenti che si potevano mettere in atto (senza bisogno di grandi finanziamenti statali), come l'allargamento degli alvei e la loro pulizia, la scoperchiatura di tratti di rii e fiumi imbrigliati, la delocalizzazione di infrastrutture pericolose, la de-cementificazione, la riqualificazione urbana, le esercitazioni, la pianificazione dei piani di emergenza, l'educazione ambientale e la diffusione della cultura del rischio. Nè si è mai voluta intraprendere, nelle politiche delle varie amministrazioni che si sono susseguite, una netta rottura con il passato.
       Il professor Menduni apre il suo intervento facendo scorrere una serie di slide che ritraggono in foto i vari politici che hanno governato il nostro paese in questi ultimi vent'anni. Dalla sinistra alla destra senza discontinuità tutti i 16 governi che si sono spartiti il potere in Italia hanno stanziato per il dissesto idrogeologico italiano cifre pari a 3 punti percentuali del PIL e paragonabili alle risorse finanziarie ottenute con il gettito IMU di quest'anno. “Si è speso decine di volte di più per finanziare gli armamenti.” e in conclusione dell'intervento afferma “C'è bisogno di cambiare paradigma, guardando non alla minaccia, ma all'esposizione del territorio”. 
     Il professor Rosso, docente di Idrologia al Politecnico di Milano, aggiunge “La piena del Bisagno non può essere risolta dallo scolmatore del Ferregiano”. Nel suo libro “Bisagno, il fiume nascosto” racconta come nel corso della storia si sia sempre costruito rubando al fiume spazi esondabili. Il professor Rosso conosce bene il fiume, ha vissuto a Genova, ha frequentato la scuola elementare Guglielmo Marconi di Piazza Martinez a San fruttuoso. Il giorno prima, proprio a San fruttuoso, ha incontrato il comitato No cementificazione di Terralba, ed espresso perplessità per le intenzioni del Comune, visto che si tratta di edificare in una zona ad alto rischio idrogeologico. Nel frattempo altri esperti partecipavano a questo workshop sul territorio, nei luoghi presidiati dagli altri comitati: “Protezione Bosco Pelato”, contro la realizzazione di un silos di cinque piani nei pressi di piazza Solari, “Amici di ponte Carrega”, contro l'abbattimento di un ponte storico risalente al 1788, e il comitato “Vivere in collina” a largo Merlo. Ci si è tutti riuniti poi per la proiezione del film documentario “Se io fossi acqua” di M. Bondielli, L. Martella e M. Matera che racconta il dramma della comunità dello spezzino, colpita dall'alluvione del 2011.
    E' importante sottolineare come in questi anni i comitati siano diventati dei veri esperti, districandosi tra leggi e norme, avvocati, processi e ricorsi. Quella dei comitati è una realtà tutta italiana, di cui dobbiamo vantarci, e di cui non ci sarebbe nemmeno bisogno, se non fosse che la politica si è pericolosamente allontanata dai bisogni reali dei cittadini. L'assessore ai lavori pubblici e alle manutenzioni, Crivello, ci ha tenuto a ribadire più volte che la sua amministrazione si è insediata post alluvione del 2011 e che quindi ha trovato sostanzialmente una situazione pregressa, (eppure il suo partito governa questa città da diversi lustri). Il mini-scolmatore secondo Crivello è un'opera necessaria a mettere in sicurezza il Ferreggiano. Ha anche voluto precisare che il M5S ha votato contro quest'opera in municipio e si è astenuto in Comune. Il M5S ha motivato questa difficile e impopolare scelta (altro che populismo) per la mancanza di una definizione precisa dei costi, e per le perplessità che una grande opera come questa comporta, soprattutto senza che questo intervento faccia parte di una serie di azioni e di politiche armoniche che riqualifichino il territorio urbano.
Intraprendere politiche di difesa dal dissesto idrogeologico non conviene: significa investire nel futuro senza averne nessun ritorno in termini di consensi, perché, se tutto funziona il cittadino, non lo vede. Si può chiedere alla giunta di investire perché non succeda niente? Certo che si. Ma come è possibile avere l'intenzione di approvare progetti in aree al alto rischio, come il distretto di trasformazione di Terralba, bocciato dalla Valutazione d'impatto Ambientale Strategico della Regione, o il silos parcheggi di Bosco Pelato, o ancora approvare l'abbattimento di ponte Carrega, e poi partecipare a convegni elogiando il lavoro svolto da questa amministrazione a proposito di dissesto idrogeologico. Evidentemente l'assessore non aveva ascoltato gli interventi dei vari relatori che l'hanno preceduto. Essi infatti hanno manifestato perplessità su questa grande opera, di cui non si conoscono nemmeno i costi finali e su cui anche Legambiente ha espresso forti critiche, legate alla pericolosità di un tratto sotterraneo in pressione di circa 3 chilometri, che attraverserà la città. Le proposte alternative ci sono. L'associazione Vivere in collina ad esempio propone due interventi. La regimentazione delle acque lungo i versanti a monte per ridurre la velocità a valle, e l'allargamento dell'alveo sotterraneo del Ferreggiano. 
        Il convegno rappresenta un importante successo dei comitati nell'affermare le proprie ragioni, supportate da autorevoli pareri e non essere finalmente smentiti da atteggiamenti arroganti e saccenti delle istituzioni. La strada è irta, il percorso difficile ma ora non ci saranno più scuse. Vedremo.


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