Il tema del
dissesto idrogeologico, di primaria urgenza per Genova è trattato dai media solo ed
esclusivamente in occasione dei grandi eventi alluvionali e mai,
passatemi il termine, ad acque ferme. Ci sono voluti gli esperti per
dare risalto sui giornali a questo delicato problema, al centro del
convegno “Genova: dal dissesto idrogeologico un'opportunità la
città”. Organizzato dal WWF di Genova e dal comitato Amici di
ponte Carrega, l'evento ha avuto luogo sabato 9 novembre nella sala
del Minor Consiglio di Palazzo Ducale, al quale hanno aderito anche i
comitati No Cementificazione Terralba, Protezione Bosco Pelato e
Associazione Vivere in collina. Ecco i titoli di questi giorni:
Corriere Mercantile - Gli esperti al convegno del Ducale, Nuovi
alleati per ponte Carrega, Rosso: “A Firenze nessuno
butterebbe giù il ponte delle Carraie”- La repubblica: Stop
ai disastri ambientali i cittadini guidano i tecnici,
Valbisagno: esperti sul campo con gli abitanti - Corriere Mercantile:
Il parere: Renzo Rosso, docente di idrologia al Politecnico di Milano
perplesso sul progetto, L'esperto
boccia il mini-scolmatore “il lavoro sul Ferreggiano
è ininfluente sulla piena del Bisagno.
I cittadini
toccati in prima persona delle tragiche alluvioni, abbandonati da
media e istituzioni, si sono da tempo attivati, organizzandosi
autonomamente attraverso i comitati, lottando contro i muri di gomma,
acquisendo competenze e studiando soluzioni alternative alla follia
cementifera del Comune. Ma peggio ancora dell'abbandono, a Genova si
è creata, a seguito di questo allontanamento mediatico e politico,
nei cittadini meno attivi la convinzione inconscia che le alluvioni
siano un argomento circoscritto a pochi episodi isolati e che, come
recitava una canzone di Cochi e Renato, “basta avere l'ombrella per
ripararsi la testa”. L'affermazione provocatoria non è tanto
lontana dalla realtà, se si pensa che in una città così importante
come Genova, non si sia fatta una cosa fondamentale: informare sui
rischi idrogeologici della città.
Dagli anni 70 in poi gli
interventi per mettere in sicurezza le zone a rischio idrogeologico
sono stati pari a zero. Anche quando progetti come lo scolmatore
avrebbero potuto in qualche modo mitigare il rischio, sono stati
invece oggetto di inchieste per irregolarità e bloccati per oltre
vent'anni. Nel frattempo cosa si è fatto? Non la prevenzione
attraverso tutti quegli strumenti che si potevano mettere in atto
(senza bisogno di grandi finanziamenti statali), come l'allargamento
degli alvei e la loro pulizia, la scoperchiatura di tratti di rii e
fiumi imbrigliati, la delocalizzazione di
infrastrutture pericolose, la de-cementificazione, la
riqualificazione urbana, le esercitazioni, la pianificazione dei
piani di emergenza, l'educazione ambientale e la diffusione della
cultura del rischio. Nè si è mai voluta intraprendere, nelle
politiche delle varie amministrazioni che si sono susseguite, una
netta rottura con il passato.
Il professor Menduni
apre il suo intervento facendo scorrere una serie di slide che
ritraggono in foto i vari politici che hanno governato il nostro
paese in questi ultimi vent'anni. Dalla sinistra alla destra senza
discontinuità tutti i 16 governi che si sono spartiti il potere in
Italia hanno stanziato per il dissesto idrogeologico italiano cifre
pari a 3 punti percentuali del PIL e paragonabili alle risorse
finanziarie ottenute con il gettito IMU di quest'anno. “Si è speso
decine di volte di più per finanziare gli armamenti.” e in
conclusione dell'intervento afferma “C'è bisogno di cambiare
paradigma, guardando non alla minaccia, ma all'esposizione del
territorio”.
Il professor Rosso,
docente di Idrologia al Politecnico di Milano, aggiunge “La piena
del Bisagno non può essere risolta dallo scolmatore del Ferregiano”.
Nel suo libro “Bisagno, il fiume nascosto” racconta come nel
corso della storia si sia sempre costruito rubando al fiume spazi
esondabili. Il professor Rosso conosce bene il fiume, ha vissuto a
Genova, ha frequentato la scuola elementare Guglielmo Marconi di
Piazza Martinez a San fruttuoso. Il giorno prima, proprio a San
fruttuoso, ha incontrato il comitato No cementificazione di
Terralba, ed espresso perplessità per le intenzioni del Comune,
visto che si tratta di edificare in una zona ad alto rischio
idrogeologico. Nel frattempo altri esperti partecipavano a questo
workshop sul territorio, nei luoghi presidiati dagli altri comitati:
“Protezione Bosco Pelato”, contro la realizzazione di un silos di
cinque piani nei pressi di piazza Solari, “Amici di ponte Carrega”,
contro l'abbattimento di un ponte storico risalente al 1788, e il
comitato “Vivere in collina” a largo Merlo. Ci si è tutti
riuniti poi per la proiezione del film documentario “Se io fossi
acqua” di M. Bondielli, L. Martella e M. Matera che racconta il
dramma della comunità dello spezzino, colpita dall'alluvione del
2011.
E' importante
sottolineare come in questi anni i comitati siano diventati dei veri
esperti, districandosi tra leggi e norme, avvocati, processi e
ricorsi. Quella dei comitati è una realtà tutta italiana, di cui
dobbiamo vantarci, e di cui non ci sarebbe nemmeno bisogno, se non
fosse che la politica si è pericolosamente allontanata dai bisogni
reali dei cittadini. L'assessore ai lavori pubblici e alle
manutenzioni, Crivello, ci ha tenuto a ribadire più volte che la sua
amministrazione si è insediata post alluvione del 2011 e che quindi
ha trovato sostanzialmente una situazione pregressa, (eppure il suo
partito governa questa città da diversi lustri). Il mini-scolmatore
secondo Crivello è un'opera necessaria a mettere in sicurezza il
Ferreggiano. Ha anche voluto precisare che il M5S ha votato contro
quest'opera in municipio e si è astenuto in Comune. Il M5S ha
motivato questa difficile e impopolare scelta (altro che populismo)
per la mancanza di una definizione precisa dei costi, e per le
perplessità che una grande opera come questa comporta, soprattutto
senza che questo intervento faccia parte di una serie di azioni e di
politiche armoniche che riqualifichino il territorio urbano.
Intraprendere politiche
di difesa dal dissesto idrogeologico non conviene: significa
investire nel futuro senza averne nessun ritorno in termini di
consensi, perché, se tutto funziona il cittadino, non lo vede. Si
può chiedere alla giunta di investire perché non succeda niente?
Certo che si. Ma come è possibile avere l'intenzione di approvare
progetti in aree al alto rischio, come il distretto di trasformazione
di Terralba, bocciato dalla Valutazione d'impatto Ambientale Strategico della Regione, o il silos parcheggi di Bosco
Pelato, o ancora approvare l'abbattimento di ponte Carrega, e poi
partecipare a convegni elogiando il lavoro svolto da questa
amministrazione a proposito di dissesto idrogeologico. Evidentemente
l'assessore non aveva ascoltato gli interventi dei vari relatori che
l'hanno preceduto. Essi infatti hanno manifestato perplessità su
questa grande opera, di cui non si conoscono nemmeno i costi finali
e su cui anche Legambiente ha espresso forti critiche, legate alla
pericolosità di un tratto sotterraneo in pressione di circa 3
chilometri, che attraverserà la città. Le proposte alternative ci
sono. L'associazione Vivere in collina ad esempio propone due
interventi. La regimentazione delle acque lungo i versanti a monte
per ridurre la velocità a valle, e l'allargamento dell'alveo
sotterraneo del Ferreggiano.
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