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giovedì 9 maggio 2013

Gli orti urbani: un altro modo per salvare il territorio


           Nella vita quotidiana della stragrande maggioranza degli italiani, indaffarati come siamo a far quadrare i conti, non c'è posto né tempo per pensare ad un bene fondamentale per la nostra esistenza, uno dei quattro elementi di cui è costituito il nostro universo, la terra. E cosi la terra diventa sfruttata, contaminata, violentata. Eppure senza di essa non potremmo neppure esistere sulla faccia della terra, appunto. Ma cosa possiamo fare concretamente per salvarla? Molto, anche nel nostro piccolo. Affrontando questa tematica ci si rende però subito conto della valenza culturale del problema: la mancanza cioè di un modello educativo e di politiche di sviluppo che sostengano le attività inerenti l'uso consapevole, rispettoso e funzionale alla tutela di questo elemento cosi importante per la nostra sopravvivenza. Per diversi lustri la nostra classe politica ha ritenuto prioritario incentivare lo sviluppo economico legato alla grande industria, considerando la salvaguardia del territorio un ostacolo a tale sviluppo e non un opportunità. Gli amministratori locali, spinti da un lato dalle richieste sempre più numerose di cittadini consapevoli del valore e dell'importanza di restituire alla terra il suo ruolo primario, dall'altro sollecitati delle ricadute economiche e sociali che la crisi, seconda ormai solo a quella del dopoguerra, sta causando, hanno pubblicato già da qualche anno ormai, bandi di concorso per l'assegnazione di orti di proprietà comunale. Si tratta di iniziative senz'altro lodevoli e degne di un plauso, ma riteniamo ancora troppo isolate e non facenti parte di un piano organico e sistemico di riqualificazione del territorio. Mentre gli assessori all'Ambiente e ai lavori pubblici Garotta e Crimello presenziano, fino all'esclusivo momento del loro intervento, al seminario sugli orti urbani organizzato da terraonlus a Genova, in città i comitati di quartiere protestano per le varie scelte che proprio il Comune sta intraprendendo: pensiamo al terzo valico, alla gronda, al progetto del nuovo stadio in zona Foce, all'abbattimento di ponti secolari come ponte Carrega per far spazio a un nuovo centro commerciale, a nuovi parcheggi in Corso Sardegna e in via amarena, con il disboscamento di uno dei pochi boschi urbani rimasti in città, Bosco Pelato. Tutte opere insostenibili per un territorio già di per se fortemente compromesso da anni di cementificazione selvaggia. Progetti che non essendo stati integrati nel PUC (piano urbanistico comunale) creeranno anche un notevole disagio sociale sconvolgendo gli equilibri già precari del tessuto commerciale locale e che aumenteranno i rischi dovuti al dissesto idrogeologico perché privi di un attenta valutazione di impatto ambientale. Problemi da troppo tempo lasciati alla provvidenza, ma questa -non è- un altra storia.      Scusate la doverosa premessa a sottolineare la necessità di attuare politiche coerenti e non solo scenografiche. L'orto urbano può rappresentare un piccolo passo verso la concreta salvaguardia del territorio. Un contributo per l'affermazione di un nuovo modello culturale, e l'affluenza al seminario è la conferma della crescente sensibilità ai problemi ambientali, l'autosufficienza e il risparmio sono i principali fattori incentivanti; difatti con pochi metri quadri (50-200 a seconda del metodo di coltivazione utilizzato) si può rispondere al fabbisogno di una famiglia di quattro persone con un risparmio che a conti fatti si aggira intorno al 18-20%. Ma ci sono altri aspetti, tutti positivi: l'utilizzo di spazi urbani per la coltivazione impedisce che quel territorio venga sfruttato per nuove speculazioni edilizie, che sia soggetto a frane. Incentivando la produzione di prodotti biologici senza uso di diserbanti e pesticidi, si evita la contaminazione delle falde acquifere e si riduce l'inquinamento atmosferico, grazie alla peculiarità dell'orto urbano di produrre a chilometri zero. Infine aspetto non trascurabile, si può contribuire, in piccola parte forse, ad influenzare il Mercato calmierando il rincaro dei prezzi. Nuove tecniche agrarie recentemente importate in Europa dal Giappone poi diffuse in Spagna ed ora anche in Italia potrebbero rivoluzionare in breve tempo il modo di chiedere alla terra i suoi frutti, rispettandola finalmente. La coltivazione sinergica, la permacoltura, la fertilizzazione con il cippato di ramaglia sono solo alcuni esempi. Genovirus vi propone il seminario in forma integrale diviso in varie parti ed integrato da contenuti speciali. Perché riteniamo questo tema di importanza vitale.  

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